NAPOLI - Nel pittoresco mondo del nostro calcio, spesso popolato da dirigenti improbabili, Beppe Marotta rappresenta una garanzia. Di serietà, professionalità, anche eleganza. E non lo diciamo perché oggi vince tanto: è la sua storia ad avercelo raccontato così, in un quarto di secolo di percorso.
Perciò ci ha stupito molto, moltissimo la sua reazione alla polemica scatenata dal Napoli dopo il clamoroso errore dell’arbitro Calvarese, che ha concesso all’Atalanta un gol chiaramente irregolare e ha forse privato gli azzurri della vittoria. Com’è venuto in mente a Marotta di dire «non c’è spazio per l’autocritica», attaccando il club di De Laurentiis per una questione in cui i bianconeri non c’entrano nulla, ma proprio nulla? Perché la sorpresa nasce proprio da questo: il Napoli non se l’è presa con la Juve, non è concorrente della Juve (non in questo campionato, non nella lotta per la Champions) e non ha fatto alcun riferimento alla Juve. E allora, Marotta: perché?
Non regge la tesi secondo cui Marotta ha risposto d’istinto alla domanda, finendo involontariamente nel caos: non è da lui, dirigente esperto, tutt’altro che guerrafondaio, infilarsi per errore in una polemica così vasta. Gli sarebbe stato facile svicolare con le parole, insomma, evitando lo scontro frontale. La sensazione è che il dg della Juve sia particolarmente sensibile a due parole: campionato falsato. Non vuole ascoltarle, in nessun modo: una specie di incubo. E quando le sente pronunciare – le ha scritte anche il Napoli, in quei due tweet – si sente sempre in dovere di intervenire con veemenza. Senza rendersi conto che non è, non deve essere lui a difendere gli arbitri, soprattutto quando la sua società non è coinvolta in alcun modo. Altrimenti viene da chiedersi, una volta di più: Marotta, perché?
NAPOLI - Nel pittoresco mondo del nostro calcio, spesso popolato da dirigenti improbabili, Beppe Marotta rappresenta una garanzia. Di serietà, professionalità, anche eleganza. E non lo diciamo perché oggi vince tanto: è la sua storia ad avercelo raccontato così, in un quarto di secolo di percorso.
Perciò ci ha stupito molto, moltissimo la sua reazione alla polemica scatenata dal Napoli dopo il clamoroso errore dell’arbitro Calvarese, che ha concesso all’Atalanta un gol chiaramente irregolare e ha forse privato gli azzurri della vittoria. Com’è venuto in mente a Marotta di dire «non c’è spazio per l’autocritica», attaccando il club di De Laurentiis per una questione in cui i bianconeri non c’entrano nulla, ma proprio nulla? Perché la sorpresa nasce proprio da questo: il Napoli non se l’è presa con la Juve, non è concorrente della Juve (non in questo campionato, non nella lotta per la Champions) e non ha fatto alcun riferimento alla Juve. E allora, Marotta: perché?
Non regge la tesi secondo cui Marotta ha risposto d’istinto alla domanda, finendo involontariamente nel caos: non è da lui, dirigente esperto, tutt’altro che guerrafondaio, infilarsi per errore in una polemica così vasta. Gli sarebbe stato facile svicolare con le parole, insomma, evitando lo scontro frontale. La sensazione è che il dg della Juve sia particolarmente sensibile a due parole: campionato falsato. Non vuole ascoltarle, in nessun modo: una specie di incubo. E quando le sente pronunciare – le ha scritte anche il Napoli, in quei due tweet – si sente sempre in dovere di intervenire con veemenza. Senza rendersi conto che non è, non deve essere lui a difendere gli arbitri, soprattutto quando la sua società non è coinvolta in alcun modo. Altrimenti viene da chiedersi, una volta di più: Marotta, perché?
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