NAPOLI - Mica potranno starsene poi per quattro domeniche sprofondati in poltrona a mangiar patatine, a bere Sprite e a contarsi i fruttini: è in partite come queste che si può costruire un futuro, e in qualche modo forse anche la Storia, ed è per le domeniche che somigliano al 22 di aprile del 2018 che val la pena di giocare e anche di spendersi una serata esclusivamente dedicata al calcio. E’ per missioni (im) possibili che ha un senso calarsi nel ruolo degli eroi, provare a esserlo, andando a scovare nell’«io» più profondo le tracce del coraggio già mostrato: e poi, vada come vada, sarà stato comunque un successo. E’ per entrare, e certo si potrebbe, nell’Olimpo riservato a un semidio che c’è un’ora e mezza diversa dalle altre, in cui certo rimane un pallone a rotolare al centro dei pensieri, ma intorno s’intravede altro: un raggio di sole, una speranza tenue che infiammi, quell’orizzonte sgargiante con colori indefiniti, vi sembrerà un iride e invece è un tricolore. E pure stavolta Juventus-Napoli rappresenterà (nel suo piccolo) uno psicodramma collettivo, perché la madre di tutte le Partite ha una sua «diversità», racchiude in sé argomenti per farcene una enciclopedia, ci sarebbe da perdersi nella sociologia o anche no, basterà semplicemente racchiuderla competitivamente (e irrazionalmente) sotto la voce calcio, la Sfida.
MICA PER CASO - E’ l’ultima occasione per il Napoli, e però prima converrà battere l’Udinese, per uscire da quel cono d’ombra nel quale s’è improvvisamente calato, perché la luce è lassù , in cima a questo microcosmo che illumina d’immenso: e non sarà certo per caso che, magicamente, a Castel Volturno sia comparso De Laurentiis, tecnicamente proiettato nella ideazione del centro sportivo che verrà, ma dispensatore di messaggi subliminali che servano per tener viva la «tensione» e aiutino ad evitare eventuali sbalzi d’umore, il rischio dell’appiattimento e di una resa che va dilazionata fino a quando l’aritmetica non diventerà - e seriamente e definitivamente - un’opinione con la quale Sarri entrerà in collisione. «Perché io non mi arrenderò neppure alla matematica».
NAPOLI - Mica potranno starsene poi per quattro domeniche sprofondati in poltrona a mangiar patatine, a bere Sprite e a contarsi i fruttini: è in partite come queste che si può costruire un futuro, e in qualche modo forse anche la Storia, ed è per le domeniche che somigliano al 22 di aprile del 2018 che val la pena di giocare e anche di spendersi una serata esclusivamente dedicata al calcio. E’ per missioni (im) possibili che ha un senso calarsi nel ruolo degli eroi, provare a esserlo, andando a scovare nell’«io» più profondo le tracce del coraggio già mostrato: e poi, vada come vada, sarà stato comunque un successo. E’ per entrare, e certo si potrebbe, nell’Olimpo riservato a un semidio che c’è un’ora e mezza diversa dalle altre, in cui certo rimane un pallone a rotolare al centro dei pensieri, ma intorno s’intravede altro: un raggio di sole, una speranza tenue che infiammi, quell’orizzonte sgargiante con colori indefiniti, vi sembrerà un iride e invece è un tricolore. E pure stavolta Juventus-Napoli rappresenterà (nel suo piccolo) uno psicodramma collettivo, perché la madre di tutte le Partite ha una sua «diversità», racchiude in sé argomenti per farcene una enciclopedia, ci sarebbe da perdersi nella sociologia o anche no, basterà semplicemente racchiuderla competitivamente (e irrazionalmente) sotto la voce calcio, la Sfida.
MICA PER CASO - E’ l’ultima occasione per il Napoli, e però prima converrà battere l’Udinese, per uscire da quel cono d’ombra nel quale s’è improvvisamente calato, perché la luce è lassù , in cima a questo microcosmo che illumina d’immenso: e non sarà certo per caso che, magicamente, a Castel Volturno sia comparso De Laurentiis, tecnicamente proiettato nella ideazione del centro sportivo che verrà, ma dispensatore di messaggi subliminali che servano per tener viva la «tensione» e aiutino ad evitare eventuali sbalzi d’umore, il rischio dell’appiattimento e di una resa che va dilazionata fino a quando l’aritmetica non diventerà - e seriamente e definitivamente - un’opinione con la quale Sarri entrerà in collisione. «Perché io non mi arrenderò neppure alla matematica».
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